Sassofono

Charlie Parker

Sassofonista americano fondatore del genere be-bop. La sua tecnica, unica nel suonare il sax, lo ha talmente identificato con il suo strumento che, ancora oggi, quando si parla di sax si parla inevitabilmente di Charlie Parker. Ma il suo personaggio così ben identificato con il proprio strumento è anche ricordato per la sua vita dissennata, per i problemi di alcool e di droga. Sin dai primi anni di vita capì che la sua esistenza sarebbe stata di sofferenza e di sacrificio.

Il padre artista anch’esso abbandonò la madre subito dopo la nascita di Charlie, forse l’attitudine alla musica era già in lui quando giovanissimo incominciò a suonare il sax baritono, ma non si fermò poco dopo passò al contralto. Sul palco ci salì a diciassette anni con una orchestrina locale. Ma bisognerà attendere ancora qualche anno per vederlo suonare con uno stile particolarissimo derivato dallo swing e dal blues a cui applica una fase improvvisativa decisamente avveniristica per l’epoca.

Lo sviluppo del suo tema musicale, tiene conto della base ritmica sempre sostenuta da veri e propri fraseggi armonici su cui intessere la sua melodia. Questi nuovi step musicali vennero chiamati in seguito be-bop.

Le sue prime esibizioni nei locali scic di New York furono subito un successo, il pubblico lo voleva e molti artisti volevano suonare con lui, era gratificante averlo al fianco ed era anche una bella, anzi unica, esperienza professionale. Assistiamo quindi a gruppi nei quali si alternano nomi che hanno fatto – poi – la storia del jazz tipo: Miles Davis, Fats Navarro, Chet Baker, J. J. Johnson, Dexter Gordon, Bud Powell, Ray Brown, Charles Mingus, Max Roach, Specs Powell, Roy Haynes, Joe Harris, Trummy Young, Kenny Dorham e tantissimi altri.

Il suo mito, però, secondo me, esplode con l’estro della tromba di Dizzy Gillespie altro fautore del be-bop. A prescindere dalla sua sconfinata cultura e preparazione musicale, restano nella storia del jazz le sue improvvisazioni assieme ai suoi amici, senza fare distinzione se l’occasione fosse un concerto live in un teatro strapieno di gente oppure il locale fumoso in cui “per passione” aveva incontrato questo o quel musicista. La felicità e la spensieratezza quando suona il suo sax è evidente e trasparente, forse riusciva ad avere la testa sgombra e leggera solo quando riusciva a suonare. Forse è per questa ragione che Charlie Parker a dispetto di tutto questo successo, non guadagnò poi tanto denaro, forse è proprio il caso di dire che la passione ti ripaga a prescindere dalla moneta.

Pensare che il suo guadagno economico più rilevante avvenne grazie ad una sua performance criticata molto aspramente dal suo pubblico in occasione di un concerto tenuto a New York con una orchestra d’archi, è tutto dire. Lo accusarono di essere “commerciale”, che dire allora dei musicisti moderni?

Questa esperienza lo segnò e lo turbò molto, ricordiamo che Charlie già da tempo si era lasciato andare, l’uso dell’eroina gli stava minando il fisico e l’anima. Il suo sax alto dalla tecnica sopraffina pieno di estro e di fantasia fermò il suo suono molto presto, morì forse di overdose (ma ufficialmente l’autopsia decretò polmonite!) all’età di soli trentacinque anni.

Il suo fisico fortemente provato da alcool e droga era distrutto, intatto invece il suo mostruoso talento, capace con poche frasi magari tirate giù di getto, di commuovere folle immense. Il fenomeno Parker resta per buona parte sconosciuto; infatti rimane pochissimo della sua immensa arte, il suo carattere incostante non gli ha permesso di lasciare ai posteri delle composizioni organizzate, ma solamente appunti e scritti molto caotici che la costanza degli appassionati e degli amici artisti hanno – dopo la sua morte – organizzato a vero e proprio manifesto del be-bop.

Resta comunque il suo originalismo estremo e la sua carica vitale presente ancora oggi ma mai più eguagliata.

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