Sassofono

Gerry Mulligan

Autentico section man, polistrumentista ha iniziato a suonare molti strumenti prima di scegliere definitivamente il sax baritono come “suo” strumento. La sua rivoluzione inizia da qui, infatti – usando un parallelismo con Billy Cobhan – elevò il sax baritono a strumento solista e non più strumento di fila e di accompagnamento. Mai nessun artista ha tratto maggior profitto dalle collaborazioni e dagli scambi con gli altri musicisti, il suo percorso musicale lo vede perennemente in simbiosi artistica ed emozionale con i suoi pari.

Ha collaborato tantissimo con nomi di fama (Miles Davis, Astor Piazzola, Chet Baker, Thelonius Monk), ma anche con illustri sconosciuti, cosciente che nel panorama musicale ognuno può dare qualcosa a qualcuno. La componente umana era fondamentale nella sua vita quotidiana e nella sua musica, in effetti lui visse la musica da “arrangiatore” per questa ragione era diventato negli anni il riferimento di molti musicisti. La tecnica ed il gusto di muoversi fra le pieghe degli strumenti non lo abbandonerà mai, per questo motivo nei suoi pezzi si trovano lunghe interminabili sequenze di improvvisazioni apparentemente senza schema ma in realtà, sapientemente camuffate dal suo estro.

L’importante è partire con un pezzo, dove ti porta la tua testa ed il tuo strumento non è mai ben chiaro; questo sembra il messaggio di Mulligan. Personalmente penso che Gerry sapeva dove stava andando anzi conoscesse esattamente la destinazione prima di arrivarci altrimenti perché chiamarlo “genio”? La sua esperienza è sterminata, significativa la collaborazione con Miles Davis, che lo vede indossare la triplice veste di compositore, arrangiatore e strumentista. Fu qui che Mulligan – grazie a Davis – fondò le basi della sua anima “cool”, questa impronta resterà sempre presente nelle sue composizioni e nelle sue improvvisazioni. La consacrazione al grande pubblico – però – secondo me avvenne con Chet Baker con cui fondò lo storico quartetto senza pianoforte. Per i puristi questa scelta fu molto criticata, si pensava impossibile fare a meno dello strumento aggregante che creava l’armonia di fondo su cui far muovere gli ottoni. Pensare di sostuire il pianoforte con tromba e sax baritono è veramente una grande sfida, vinta a giudicare dagli assoli e dai duetti architettati.

Ma il sodalizio durò – ahimé pochissimo – Baker fu arrestato per droga e Mulligan dovette sostituire tromba e voce; si affidò ad Art Farmer inserendo un nuovo elemento Bob Brookmeyer con il trombone a pistoni. Destinato comunque al successo gli anni a venire lo videro impegnato nella creazione di una big band sempre “piano less” d’impronta “cool”. In questa fase Mulligan apre la sua mente anche ad altre esperienze jazz di recente uscita, mi riferisco al “free” molto vicino al suo modo di concepire la musica, improvvisazione e libertà. Lui – nonostante questi influssi – rimase ancorato al suo credo anche se, ascoltandolo attentamente, si sentono scivoloni verso la fusion.

Rimane indelebile la sua opera, Mulligan ci ha donato delle vere e proprie perle di jazz, del resto, anche la sua vita artistica è stato un vero e proprio “dono”. Muore nel ’96 per una complicazione seguita ad un’operazione al ginocchio, comunque rimane nei nostri cuori la sua musica espressa ad altissimo livello tanto da essere ricordato in un museo nella sua città d’origine Washington in cui è esposto il suo sax baritono Conn M12 che ha segnato la storia del jazz.

 

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